Ci sono 2 modi per giocare: il modo corretto e il modo sbagliato. Conoscere le regole è l’unica cosa che conta per vincere


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Svolta epocale in Portogallo: apertura alla liquidità condivisa sul .Eu

Si annuncia come l’inizio della rivoluzione per il poker e il gioco online in generale. Il vento di cambiamento arriva dal Portogallo, che prima sembra intenzionato ad imitare il modello italiano per il gioco online e poi con una mossa sorprendente apre alla condivisione internazionale della liquidità sul .eu. Se non è una sorta di “golpe” ai ghetti pokeristici di mezza europa, poco ci manca.

Chi potrà accedere

Beneficeranno di questa apertura del governo lusitano, tutte quelle poker room che hanno la licenza in altri paesi dove la condivisione della liquidità internazionale non è vietata. Per fare un esempio pratico, potranno farlo tutte le aziende di gaming del Regno Unito, di Malta, alcune del Belgio e in pratica buona parte di quelle room che già hanno il .Eu . Insomma Pokerstars.eu è sempre più vicina

Chi non avrà accesso

Saranno invece escluse quelle aziende che fanno “Business to Business” come ad esempio iPoker, MPM e forse 888.poker che ha ormai sotto di se diverse skin fra cui l’ambita WSOP.com. Insomma apertura si ma non selvaggia e con delle chiare limitazioni. Una legge che quindi disciplina in maniera netta il settore verso quella rivoluzione che serve a tutti: rooms, players ed erario.

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Italia si e Italia no

Il nostro paese è da anni in prima linea verso questa nuova frontiera, assieme al Portogallo, alla Francia e alla Spagna. Ma fra le parole e i fatti ci corre tanto e dunque siamo sempre in attesa di una mossa da parte del governo. La situazione del poker online nel Bel Paese è ben nota a tutti. Dopo gli anni del boom, il settore sta attraversando una crisi pesante che va a discapito soprattutto del cash game. La Francia sta alla finestra, ma crediamo che alla fine per il bene comune sia necessario aprire le porte a questo benedetto .eu .

La ghettizzazione nell’era della globalizzazione 

Certo l’Italia per anni ha fatto scuola con il suo modello. Ma alla lunga si è confermato un’arma a doppio taglio, che sta esaurendo la sua scorta di ossigeno. Nell’era della globalizzazione, del mercato libero e della Comunità Europea, suona come una beffa chiudere il mercato fra le quattro mura di casa.